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Preferisco il rumore degli USA... almeno al cinema

di Ilaria Scala - 20/2/2005

Su queste pagine, si è spesso gridato allo scandalo per la banalità del cinema americano, per la sua mancanza di originalità e di ispirazione.

Sono d'accordo con quasi tutto quello che è stato scritto, ma vorrei ugualmente spezzare una lancia in favore del cinema americano, perchè lo ritengo comunque superiore al cinema italiano di oggi, la cui mediocrità a volte mi sconforta.

Credo che la differenza storica tra la filmografia USA e quella italiana sia che quest'ultima rappresenta le cose come sono, o come appaiono, mentre quella ritrae da sempre le cose come si vorrebbe che fossero (o meglio, come loro, gli Americani, vorrebbero farci credere che siano).

Mentre noi ci sforzavamo, con il neo-realismo, di mostrare i nostri panni sporchi al mondo, mentre tratteggiavamo in chiave ironica i vizi e i difetti del nostro popolo con la commedia degli anni Sessanta, gli studios si impegnavano nella rappresentazione del Grande Sogno Americano, nell'esportazione di un'immagine scintillante, lucida, eroica della loro Nazione.

Per noi, il cinema civile degli anni Settanta è stato un modo per attaccare la mafia, il terrorismo e la corruzione, senza sconti buonisti o trionfalistici; per loro, fare cinema civile o di denuncia ha sempre significato raccontare la storia del singolo che lotta contro gli abusi del potere, contro le ingiustizie, e infine trionfa, perchè l'America è un Grande e Democratico Paese, che raddrizza sempre le sue storture, e in cui qualunque cittadino può vincere e avere successo.

E adesso?

Adesso in Italia abbiamo un manipolo di autori capaci di produrre solo film fiacchi, senza spina dorsale: i Trentenni Delusi, gli Adolescenti in Crisi, amori impiegatizi e adulteri romantici, horror casalinghi, i soliti comici - più goliardici che graffianti -, qualche ex-ragazzo prodigio annacquato dallo star-system, e i panettoni natalizi.

Per qualità dei contenuti, la media dei film USA non è molto migliore, ma almeno garantisce un buon livello di "fattura", perchè là il cinema è una vera e rispettata industria, che per vivere deve produrre prodotti degni: e quindi gli sceneggiatori sanno inventare storie capaci di catturare lo spettatore, i fotografi sanno trovare la luce più adatta ad ogni scena, i montatori sanno tagliare al punto giusto, perchè conoscono l'importanza della sintesi, e sanno come dare ritmo alle storie. Negli USA fare film vuol dire fare bene un mestiere, anzi un centinaio di mestieri, che hanno regole fisse, tecnicismi precisi e scuole serie dove impararli.

Questo probabilmente opprime l'arte e l'improvvisazione, e forse impedisce ai talenti naturali di esprimersi spontaneamente, ma - sapete che vi dico? - io preferisco vedere una pellicola ben fatta piuttosto che un delirio sfilacciato di dialoghi improbabili e mal pronunciati, di storie ripetitive e noiose, di scene e luci tremolanti, in interni cupi ed esterni rumorosi.

Magari a volte ci si annida l'arte dentro, ma che fatica per trovarcela! E più spesso non c'è dentro niente, se non l'esercizio di giovinetti che giocano a fare il cinema con i finanziamenti del Ministero... e che troppo raramente diventano poi Crialese, Ozpetek, Campiotti. (1)

L'arte nei film USA rischia di spuntare più frequentemente: negli ultimi anni sono usciti autentici gioiellini che, alle caratteristiche scontate di buona regia, buona recitazione, buona sceneggiatura, aggiungevano un tocco di creatività, stupore, delicatezza e poesia. Sono quei gioiellini che Parolae va cercando, e che cercheremo di recensire sempre più spesso. Qualche esempio? I Tenembaums, Benny & Joon, La sicurezza degli oggetti... e altri che ci verranno in mente quando decideremo di scriverne.

 

(1) Volevo tre nomi per fare l'esempio di tre giovani registi italiani di talento. Ho faticato tantissimo a trovarli. Mi venivano in mente solo i Grandi Vecchi di cui vale ancora la pena di vedere i film: Amelio, Avati, Bellocchio. E finalmente ho pensato a questi tre (Crialese, Ozpetek, Campiotti), uno dei quali non è neanche del tutto italiano. Mi sa che non è un caso.

 

E se volete sapere anche cosa ne pensa Alessandro, leggete qua.

 

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