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C'è un'aria... di Alessandro Borgogno - 16/12/2005 Lucia, da queste “colonne” (come si dice per i giornali), parla di informazione in modo giustamente duro (perché per fortuna noi non siamo un vero “giornale”). Essendo sostanzialmente d’accordo su tutto, non avrei aggiunto nulla se Lucia non avesse usato, come tema del suo discorso, una canzone, cosa che mi ha fatto sorgere l’urgenza di segnalare e analizzare anch’io una canzone al riguardo. E’ di Giorgio Gaber, scritta anche questa con il consueto anticipo sui tempi, e reincisa anche nell’ultimissimo album pubblicato l’anno della sua morte per la sua evidente attualità, e come accadeva spesso a Gaber dice tutto quello che c’è da dire a riguardo, con precisione, durezza e con alcune immagini fulminanti che non lasciano scampo. Dagli schermi di casa un signore un po' eccitato Descrive una situazione per lui già soffocante alla fine degli anni Ottanta, soffocamento provocato dal dilagare dell’informazione inutile, falsata, violenta e volgare, e ce lo descrive usando come metafora l’aria, un’aria sempre più pesante, talmente pesante che soffoca, appunto… C’è un’aria, un’aria, ma un’aria… Lasciateci aprire le finestre, La musica è soft, apparentemente leggera ma trascinante, quasi una ballata folk. E’ il Gaber migliore, quello che ti prende per mano e ti accompagna con dolcezza, sotto braccio, per poi trafiggerti il fianco con uno stiletto acuto e penetrante. Il Gaber de La festa e di Polli di allevamento, quello che riesce a dirti con un sorriso ironico le cose più feroci e più impalcabili. Non dà spazio a nessuna comprensione per la ferocia e l’insensibilità dell’informazione a qualsiasi livello, giornali-radio-televisione, e non dà speranza sulla possibilità che questo tipo di informazione informi davvero su qualcosa. Anzi ci dice chiaro e tondo che non informa un bel niente, e inoltre ci rende tutti più stupidi. Lo dice meglio, naturalmente, dice che Quasi fatalmente, chi ama troppo l’informazione Nelle celebrazioni televisive che ogni tanto si fanno sul signor G e il suo straordinario e unico teatro canzone, difficilmente credo che sentiremo citare questo pezzo, perché è proprio alla televisione che riserva le notazioni più impietose, giustamente impietose con chi non ha pietà di nulla pur di fare “ascolto”: I servizi aggiornati testimoniano gli eventi C’è un’aria, un’aria, ma un’aria... La sostanza è semplice e fulminante: questo tipo di informazione non può mai dire la verità, è fisiologicamente impossibilitata a dire la verità anche quando magari per puro caso sta raccontando qualcosa di vero. Qui secondo me colpisce al meglio, dandoci modo di immaginare cosa ne sarebbe della nostra vita vera, autentica, quotidiana, se finisse per qualche motivo nel tritacarne di questa informazione: Lasciateci il gusto dell’assenza, Lucia ci ricorda una canzone probabilmente intelligente che è apparsa un attimo e poi è scomparsa, risucchiata fra tonnellate di canzoni d’amore e le cosce di Sabrina Salerno. E’ sicuramente uno dei motivi per cui Gaber non metteva più piede da decenni né a Sanremo né in tv. Per parlarci di queste cose, pretendeva attenzione. Pretendeva persone sedute a teatro, concentrate almeno per due ore su ciò che aveva da dire. Sapeva perfettamente che nulla di serio e nulla di vero poteva essere comunicato attraverso lo schermo in salotto o in cucina né tantomeno attraverso “quei bordelli di pensiero che chiamano giornali”. Aveva cose serie da dire, e dirle fra un pannolino, un servizio di gossip, un trailer dell’ultimo film di natale, sette otto dichiarazioni vuote e arroganti di politici opinionisti avvocati giudici direttori presentatori e un risotto alla pescatora no, non ce l’avrebbe mai fatta.
Il testo integrale della
canzone C’è un aria:
http://www.giorgiogaber.org/testi/veditesto.php?codTesto=29 |