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…e soldati “semplicemente” condizionati

di Alessandro Borgogno - 14/1/2005

Evviva, i nostri articoli cominciano a "parlarsi". Non si fa in tempo a recensire un remake attualmente nelle sale, che in redazione qualcuno scova l'originale degli anni '60 e tenta il confronto. E' quello che ha fatto Alessandro con "Va' e uccidi" di John Frankheimer, da cui è tratto "The Manchurian Candidate" di Johnatan Demme.

Capita che ti trovi a passare qualche giorno “fuori sede”, durante l’epifania in quel di Puglia, e sul televisoretto della stanzetta dell’alberghetto incappi su una tv privata regionale che trasmette, guarda un po’, il film Va' e uccidi, del 1962, che non è altro che l’originale (o meglio l’origine) dell’attuale The Manchurian Candidate già recensito su queste stesse pagine dal nostro direttore.

Sono sostanzialmente d’accordo con la suddetta recensione dell’attuale remake, se non aggiungendo che personalmente mi trovo anche più critico riguardo alla confezione “impeccabile”, probabilmente perché l’ho trovata proprio solo una “confezione”, e mi pare che la sceneggiatura abbia più di una lacuna.

In ogni caso la cosa sicuramente più interessante a questo punto è l’inevitabile confronto tra i due film, anche se è difficile riassumerlo in poche righe.

Ci provo.

Diciamo subito la cosa essenziale: il film originale (che è di John Frankenheimer, che è uno che ci sapeva fare e ci sa fare ancora oggi, vedi Ronin) è di gran lunga migliore della nuova versione, e non solo per qualche inevitabile “effetto nostalgia” o perché per definizione l’originale è sempre migliore del remake (cosa neanche sempre vera), ma proprio perché è migliore e basta.

Anzitutto la storia e il meccanismo sono più credibili, e perfino il lavaggio del cervello, tipicamente inverosimile come in molti film anni 60, risulta comunque uno strumento più credibile dei neuroni elettronicamente comandati inventati dai nuovi sceneggiatori tanto per modernizzare il film (immagino debbano aver pensato che era una buona idea per renderlo più credibile…).

Il meccanismo di attivazione del condizionamento al momento degli ordini da impartire al killer è molto più suggestivo e cinematografico (si usano carte da gioco francesi, e la donna di quadri fa da “interruttore”), consentendo al film di mettere in piedi immagini e situazioni (mazzo di carte di tutte donne, attivazioni impreviste durante un solitario al bar…), in alcuni casi magari datate, ma comunque sempre molto efficaci anche e soprattutto visivamente, fino ad osare il ridicolo, ma riuscendo a non superarlo, con la ragazza del killer che si presenta ad una festa mascherata vestita, guarda un po’, da Donna di Quadri.

Il capitano che cerca di smascherare il complotto (interpretato da un ottimo Frank Sinatra) non è affatto un emarginato che tutti prendono per matto, ma collabora con l’FBI (con un ruolo di comando) proprio per scoprire il complotto, e non ha una storia improbabile con una improbabile cassiera di supermercato che poi si rivela essere una ancora più improbabile agente dell'FBI, ma ha una normalissima fidanzata (Janet Leigh). Insomma, tutto molto più verosimile, situazioni e personaggi. Questi ultimi soprattutto più interessanti, e anche più problematici.

Scene da segnalare: il doppio omicidio eseguito dal killer-protagonista è una scena asciutta e fulminante, forse la più bella del film.

La sequenza finale dell’attentato (cerco di evitare troppe rivelazioni per non svelare finale e varie scene madri), è infinitamente più carica di suspense, costruita con un classicissimo montaggio alternato fra attentatore, bersaglio e personaggio che corre per intervenire in tempo, ma questa sì che è filmata e montata in modo impeccabile, e funziona alla perfezione. Inoltre con soluzione finale, nonostante tutto, non scontatissima.

E sempre riguardo alla scena finale dell’attentato, non si può non ricordare che, essendo realizzata nel ‘62, precede di un anno l’omicidio Kennedy, il che guardando il film oggi fa il suo effetto.

Termino con due notazioni minori ma che aggiungono sapore.

Incredibilmente attuali (il che fa ridere e cadere le braccia allo stesso tempo) alcune battute del Senatore Jordan che dice in più di una occasione cose tipo “secondo sua madre chiunque abbia idee diverse dalle sue è un comunista!” (da notare poi, per un film comunque anticomunista realizzato in piena guerra fredda, che i personaggi più accaniti contro i presunti comunisti sono proprio le spie russe e i traditori della patria americana! Soluzione molto sottile per il periodo).

E poi il cast. Quasi perfetto, a partire da Sinatra (che comunque come attore non era affatto male), passando per Janet Leigh (sempre perfettamente bella esattamente come in Psycho e ne L’infernale Quinlan), ma soprattutto una folgorante Angela Lansbury nella parte della madre cattiva nella quale ora si è impegnata con la solita perfezione Meryl Streep (ecco appunto, solita perfezione… forse un po’ troppa).

Insomma…, anzitutto si scopre (o riscopre, nel caso ogni tanto ci se ne dimenticasse), che La Lansbury non è soltanto una simpatica signora ma è stata ed è tuttora una grande attrice, e poi vi assicuro che vedere la Signora in giallo (la nonna che tutti vorrebbero avere) che dà vita e spessore ad una delle donne più fredde, insensibili, cattive e spietate che sia capitato di incontrare sullo schermo… be'… a questo genere di effetto neanche Meryl Streep riesce ad arrivarci.

 

Va' e uccidi [The Manchurian Candidate], di J. Frankheimer
con F. Sinatra, L. Harvey, J. Leigh, A. Lansbury - USA 1962

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