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Bella l'Italia vista da lontano

di Ilaria Scala - 22/4/2005

Alessandro D'Alatri ha buone idee e buone intuizioni, oltre alla capacità di raccontare con leggerezza storie e tipi umani. Nel suo ultimo La febbre, pecca a volte di eccessivo "onirismo", come se visualizzare le metafore potesse renderle più efficaci: macchie d'inchiostro che cancellano una scena, personaggi a due dimensioni che svolazzano nell'aria (e sul corpo della donna amata) come cartoni animati, la pioggia che bagna la città e allaga i pensieri, la nebbia che li offusca e un deus ex machina a forma di Arnoldo Foà che tenta di chiarirli.

La storia di Fabio Volo, trentenne di provincia alla ricerca della propria strada nel mondo, sospinto tra il desiderio indotto del posto fisso e il sogno personale di aprire un locale con gli amici, imbocca mille direzioni e sembra non arrivare da nessuna parte (ulteriore metafora di un percorso esistenziale incerto); il geometra Mario, aspirante architetto fuori corso, per rendere fieri coloro che lo circondano (il padre defunto, la madre devota, gli amici illusi), tenta di far bene le cose, magari anche più cose alla volta, e si imbatte nell'invidia di chi non ha più voglia di fare bene niente. Così, senza quasi accorgersene, si inimica la famiglia, gli amici, i colleghi e tutti i concittadini, perde la testa e si convince - poco prima dell'inevitabile lieto fine - che tentare di far bene non vale proprio la pena: sarebbe assai più conveniente farsi da parte, tenersi distante dalla mischia per prender meno botte possibile, e arrivare al cimitero con la soddisfazione di essersi risparmiati emozioni e fatica.

Fabio Volo ha la faccia giusta per il ruolo, in perenne oscillazione tra la curiosità, lo stupore e la rabbia repressa. Valeria Solarino, che incarna la possibilità di innamorarsi davvero, anche quando non si crede più in niente, e di trovare nell'amore un senso alla vita, è opportunamente affascinante e misteriosa, quel tanto che rende incredibile (e perciò bellissimo) il fatto che Uno come Lui possa non solo innamorarsi a prima vista e per sempre, ma addirittura essere ricambiato da Una come Lei.

Quello che un po' stona nel film è il suo voler a tutti i costi "spiegarci" la morale. Laddove Casomai era impressionistico e immediato, e con una battuta dal tono "pubblicitario" riusciva ad esprimere un mondo, La febbre è iterativo e ridondante; laddove Casomai era ellittico e intuitivo, La febbre è didascalico e "a tesi", una tesi imposta e contraddetta nello spazio di una battuta.

E pensare che sarebbe bastato così poco per farne un film perfetto: sfruttare la faccia di Fabio Volo, togliere i siparietti metaforici, sfrondare la sceneggiatura, e lasciar dire il resto a quella geniale ripresa dell'Italia dal satellite. Così bella, l'Italia, vista da lontano. Da mozzare il fiato.

 

La febbre, di A. D'Alatri
con F. Volo, V. Solarino, C. Ponzoni, A. Foà - Italia 2005

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