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Tartarughe che si sfiorano senza incontrarsi mai di Ilaria Scala - 8/5/2005 Tutto si può dire, di Tartarughe sul dorso, ma non che non sia un film ispirato. In questo suo lungometraggio d'esordio, il regista Stefano Pasetto racconta lo sfiorarsi, a più riprese negli anni, di due anime sole. Si sfiorano e non si incontrano mai, la studentessa di medicina con la passione per lo Scarabeo e il fotografo-pasticcere-ladruncolo, sullo sfondo di una Trieste cupa, grigia, umida di pioggia e di mare. Si sfiorano sul tram notturno, in pasticceria, al porto. Forse si sfiorarono anche da bambini, quando il dono di una tartaruga li legò per sempre senza che potessero prevederlo, e la memoria li separò confondendo i loro ricordi nel tempo, accumulando ferite e abbandoni successivi. Si incontrano finalmente tanti anni dopo, e quello che ne segue non può che essere amour fou, come tutti gli amori che esistono da sempre ma non sono mai riusciti ad affiorare a livello razionale. Buone le pennellate psicologiche, buona la musica (della Banda Osiris), interessante il montaggio (con questa lunga partita a Scarabeo che percorre tutta la storia, lucido intreccio di parole per chi per anni non è riuscito a parlarsi). Buona l'atmosfera desolata, ottimi e intensi gli attori Barbora Bobulova e Fabrizio Rongione. Quello che manca al film è, semmai, un po' di ritmo, una vena ironica, e la molla che fa scattare il finale: perchè quando un amour è davvero fou, non c'è testa che possa interromperlo.
Tartarughe sul dorso,
di S. Pasetto |