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Un po' amarcord un po' effetto notte

di Ilaria Scala - 16/9/2007

Le ragioni dell'aragosta, il nuovo film della Guzzanti, mette insieme alcuni pretesti (radunare la vecchia banda di Avanzi PER fare uno spettacolo a favore di un gruppo di pescatori sardi PER sposare una causa sociale PER dimostrare di saper ancora sposare una causa sociale nonostante il qualunquismo imperante... o viceversa?), alcuni pretesti che tutti insieme non fanno una motivazione sufficiente per girare un film, e forse neanche il documentario che finge di essere.

Nell'inseguirsi e rovesciarsi dei sensi sta forse il maggior interesse dell'operazione: un po' amarcord un po' effetto notte.

Un po' amarcord perchè è un recupero - volutamente nostalgico, umilmente dimesso - di quello che fu l'ultimo gruppo veramente creativo della televisione; creativo proprio in quanto gruppo, e non come singoli solisti. Non a caso, nessuno dei commedianti qui riuniti (né Loche né Fassari né Masciarelli né la Reggiani né la Leone) ha avuto più, dopo quel periodo, altrettanto successo da solo. E tutti interpretano (interpretano?) con abilità e convinzione la loro parte (parte?) di reduci decaduti e mai più tornati in auge. Non a caso, le vere star del gruppo (Serena Dandini e Corrado Guzzanti) mancano all'appello "per impegni di lavoro" (beati loro!, avranno pensato gli altri), e con la loro assenza minano un po' le fondamenta del progetto.

Un po' effetto notte perchè il film simula la preparazione di uno spettacolo teatrale che attiri l'attenzione sulla triste sorte dei pescatori sardi in cerca di aragoste quasi estinte. L'azione si volge tutta dietro le quinte, e quando la compagnia entra in scena partono i titoli di coda. Nessuno saprà mai se lo spettacolo è piaciuto al pubblico e ha smosso le coscienze come si riprometteva.

Quello che conta, alla fine, è solo il messaggio (un po' flebile, in verità, tra i vari lazzi): il messaggio che impegnarsi per qualcosa che si ritiene interessante e giusto, anche se si è praticamente i soli a pensarlo, può avere ancora un senso, un senso in sé. E che quindi è ancora possibile immaginare un mondo migliore, e soprattutto fare qualcosa, anche minuscola, per aiutarlo a diventare tale.

Difficile chiamarlo cinema, non fosse per i pop-corn venduti all'ingresso e le poltrone di velluto.

Chi visse di Avanzi, il messaggio lo riconoscerà a stento, confuso com'è nel mezzo dell'enorme "strizzata d'occhio". Chi di Avanzi non visse, probabilmente, morirà di noia.

 

Le ragioni dell'aragosta, di S. Guzzanti
con S. Guzzanti, P. Loche, A. Fassari, S. Masciarelli, F. Reggiani, C. Leone, F. Di Rosa, G. Usai
Italia 2007

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