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L'amore senza passione

di Alessandro Borgogno - 7/1/2008

Probabilmente ancora una volta aveva ragione Hitchcock quando diceva che non avrebbe mai fatto un film da un grande romanzo. “Non farei mai Guerra e Pace” diceva “perché qualcuno ha già trovato il modo migliore di raccontare quella storia, e io non potrei raccontarla meglio con il cinema”.

E’ esattamente ciò che viene in mente nel vedere L’amore ai tempi del colera di Mike Newell, tratto da un grandissimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez (tra parentesi entrambi i miei preferiti, scrittore e romanzo), solo apparentemente uno dei più facili da raccontare. Accade infatti che una storia d’amore lunga cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese, possa alla fine risultare addirittura banale se non si riesce a riprodurre in qualche modo la magia impalpabile e al tempo stesso sanguigna del grande romanziere sudamericano, le sue furibonde digressioni che portano avanti per pagine e pagine storie parallele, le sue folgoranti esplosioni di vitalità e le sue altrettanto improvvise riflessioni profonde e avvolgenti che riescono a dare luce e originalità anche alle parole più scontate e più ascoltate.

Nulla di tutto ciò riesce ad essere restituito dalla versione cinematografica, che purtroppo, come sempre più spesso accade, esaurisce il suo apparente coraggio nella scelta perdente di portare sullo schermo pagine irraccontabili, senza poi usare più nessuna briciola di quel coraggio per adottare scelte narrative che possano far guizzare la storia, le situazioni e i personaggi oltre una narrazione lineare e scorrevole che non appassiona mai, né ci mette mai in imbarazzo come invece fa il romanzo ad ogni pagina. Quello che si perde totalmente è proprio, e scusate se è poco, il realismo magico di Marquez, cioè la sua cifra stilistica e il vero motivo che ne fa uno dei più grandi scrittori del Novecento. Tutto scorre come un fiume placido e diritto anziché perdersi in mille affluenti e tortuose giravolte come i fiumi veri, e soprattutto come quelli che attraversano le foreste tropicali che fanno da sfondo a tutta la straordinaria vicenda.

Intendiamoci, il film non è né brutto né sgradevole, e nonostante effetti da telenovela brasiliana riesce anche a non annoiare, anche se, almeno a noi, rimane il dubbio che chi non ha letto il romanzo possa essere a ragione molto meno indulgente, ma lascia comunque l’idea di un compitino ben eseguito, senza grandi errori e senza sbavature, ma privo di colpi d’ala, privo di magia e privo di passione, dove sceneggiatura e regia si limitano ad un professionale uso del mestiere ma non tentano mai nulla di minimamente ardito per trasmettere emozioni men che didascaliche.

Una parola doverosa per tutti gli attori, principali e di contorno, comunque all’altezza e capaci di restare credibili anche nei momenti più rischiosi, ma anch’essi penalizzati nel ruolo abbastanza limitato di esecutori diligenti da una regia troppo accademica e soprattutto da una sceneggiatura pavida e assolutamente non all’altezza della sfida. Buono solo per far leggere o rileggere lo straordinario romanzo di Gabo e comprendere così ancor meglio la differenza fra un normale racconto e un capolavoro.

 

L’amore ai tempi del colera, di M. Newell
con J. Barden, G. Mezzogiorno, B. Bratt, J. Leguizamo, U. Ugalde
USA 2007

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