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Sinfonia di morte senza speranza né musica

di Alessandro Borgogno - 18/3/2008

Joen e Ethan Coen sono davvero bravi. Pochi altri al giorno d’oggi hanno un’idea del cinema così chiara e lucida e ancora meno riescono a tradurla in film così limpidi e cristallini. Cristallini nel senso del diamante, bellissimo, lucente e al tempo stesso spigoloso e tagliente. Così è Non è un paese per vecchi, tratto (ed è la prima volta che i due fratelli si affidano alla letteratura) da un romanzo del Premio Pulitzer Corman McCarthy che sembra scritto apposta per loro. Non è sicuramente un caso che trama e situazioni ricordino molto da vicino quello che è senza dubbio uno dei loro migliori film, Fargo, che i fratelli avevano sceneggiato partendo da un vero fatto di cronaca. Qui seguono invece la pagina scritta, ma davvero la sostanza non sembra cambiare, tanto sono analoghi la spirale di violenza cui niente e nessuno sembra riuscire ad opporsi, l’assoluta freddezza con cui la vita umana viene considerata meno di quella di un cane, la precisione allucinatoria con cui i personaggi perseguono ognuno le proprie paranoie e i propri difetti e con essi il loro sempre più inevitabile destino.

I Coen sanno che il West, fisicamente, non esiste più, perché ormai ogni frontiera è stata superata. Sanno altrettanto bene però che il West rimane un luogo dello spirito, e soprattutto della perdizione. Per questo alla fine girano un western moderno, che fa finta di non essere un western e che invece è proprio un vero western, dimostrando di essere fino ad oggi gli unici davvero in grado di reinventare i generi e dare loro un nuovo spessore e un nuovo significato.

Certo non ci sono più pistoleri eroici e villaggi di contadini da salvare, ma esistono ancora luoghi di frontiera (qui fra Texas e Messico), malloppi da nascondere o da recuperare, killer spietati e bande di criminali pericolose e fuori da qualunque legge, sceriffi impotenti e filosofi, deserti desolati e luoghi desertici dove nessuno ti aiuta, se non ti aiuti da solo.

Quello che di sicuro non esiste più è un barlume di dignità umana, di senso dell’onore, di rispetto delle vite degli altri. Non c’è più nessun ideale né nessun valore superiore in cui trovare scampo da un mondo violento ogni oltre logica. Nessuna speranza nella salvezza, non dico di qualche anima, ma anche solo di qualche vita umana fra quelle coinvolte nel tragico e sanguinario gioco dei destini incrociati. Si salva forse qualcuno, ma solo per sfinimento, per aver raggiunto quella vecchiaia citata nel titolo che, tagliandolo ormai fuori da un mondo che non è più fatto per lui, se non altro gli concede di aspettare con un po’ più di calma una morte meno violenta e forse appena più dolce.

Nel raccontare tutto questo, e altro ancora, i due talentuosi fratelli dimostrano ancora una volta una padronanza della messa in scena che non ha quasi eguali nei loro contemporanei (basta ammirare tutta la parte iniziale e soprattutto la prima scena notturna quando Brolin torna nel deserto sul luogo del primo massacro) e una capacità di disegnare i personaggi con una precisione da entomologi che non lascia scampo a nessuno, tratteggiandoli con una freddezza e una lucidità che permettono di definirli ed identificarli alla prima battuta che dicono o al primo gesto che fanno.

Inoltre riescono sempre ad utilizzare gli attori, anche famosi, in modo assolutamente inedito rispetto ai loro clichè da divi, facendo immediatamente dimenticare l’attore e facendo riconoscere solo il personaggio fino alla fine del film (questa cosa, soprattutto fra gli Americani, riesce a pochissimi altri registi, forse oltre a loro soltanto a Woody Allen e a Clint Eastwood). In questo senso è irresistibile Javier Bardem nella parte del killer, talmente spietato e meccanico da mettere i brividi ogni volta che appare nonostante - e alla fine anche soprattutto per - l’aria stralunata e la capigliatura improbabile, ed è inarrivabile la sottile ironia disincantata e stanca di Tommy Lee Jones nella parte dello sceriffo destinato a seguire gli eventi in modo quasi rassegnato, riuscendo appunto soltanto a seguirli senza mai davvero inseguirli e ancor meno anticiparli.

E finalmente Oscar meritati. Al film, alla regia e alla sceneggiatura, e all’interpretazione di Bardem.

Certo, a mio modestissimo parere non è fino ad oggi il capolavoro dei Coen, perché ritengo che non abbiano raggiunto né superato i livelli di Fargo, de Il Grande Lebowsky e de L’Uomo che non c’era, soprattutto perché dopo una prima parte assolutamente straordinaria verso il finale cominciano ad avvitarsi e ripetersi, impacciandosi un po’ nella necessità di fornire, se non delle spiegazioni, almeno qualche riflessione più esplicita al termine della storia. Forse l’unico, anche se perdonabile, errore, giacché se c’è una storia che davvero non ha bisogno di morali e di spiegazioni è proprio questa, tanto è chiara ed evidente l’assenza di ogni logica, di ogni morale, di ogni valore e di ogni speranza.

Si tratta comunque di un gran film, secco, cinico e geometrico, con in più la capacità dei due fratelli, ulteriormente affinata, di suonare il pubblico come uno strumento, decidendo con assoluta precisione e sicurezza quando trasmettere l’ansia, quando la sorpresa, quando la suspense e quando la malinconia. Il tutto, e non a caso, praticamente senza musica, quasi a voler sottolineare come in tutta questa terribile vicenda davvero non c’è alcuno spazio per la poesia nel senso classico, per i momenti lirici o epici da sottolineare con i fiati o con i violini.

Gli strumenti sono i personaggi, le note sono le loro armi, i passaggi di tono sono le loro azioni che innescano e portano avanti la vicenda verso traiettorie al tempo stesso imprevedibili e fatali, la melodia è la spinta individualistica e spietata che porta ognuno a comportarsi sempre e comunque nella direzione che va (o tenta di andare) verso se stessi e contro tutti gli altri.

Spartito superbo. Esecuzione eccellente.

 

La frase

“”Mi sembra un ragionamento lineare”

“Con l’età si diventa lineari”

 

Non è un paese per vecchi, di E. e J. Coen
con J. Brolin, T. L. Jones, J. Bardem
USA 2008

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