film

 

La scuola che vorremmo

di Ilaria Scala - 27/10/2008

Quando si dice, una Palma d'Oro meritata.

L'ultimo festival di Cannes ci ha regalato un'opera che non è soltanto, come si potrebbe pensare, un trattato sociologico, né un documentario di cinéma-veritè girato con attori-non attori nella parte di se stessi. La classe di Laurent Cantet non è un esperimento di osservazione della realtà così com'è, è anche un film "di regia", in cui la naturalezza del risultato è voluta e costruita con la precisione della tecnica.

Racconta l'anno scolastico di un giovane professore di lettere, impegnato a tentare di infondere l'amore per la lingua, la lettura e la scrittura negli studenti di una terza media multietnica della periferia parigina.

Buone le intenzioni, non facile il progetto: i colleghi sono scoraggiati e a volte meschini, il preside è volenteroso ma un po' rigido, e soprattutto i ragazzi sono complicati, polemici, arroganti e sicuri di sé come si può esserlo a tredici anni, contestatori per posa più che per convinzione, con famiglie problematiche alle spalle, magari immigrate, e che magari non parlano neanche il Francese.

L'effetto-verità è dato dalla recitazione, affidata ad attori non professionisti (il professore è un vero professore-scrittore, autore del libro da cui il film è tratto, gli alunni sono i veri allievi di una scuola media, selezionati per recitare la parte di se stessi), dal suono in presa diretta (nessuna colonna sonora a sottolineare i passaggi salienti, solo dialoghi e rumori di fondo, come nella vita vera), dall'ambientazione più che realistica (la classe, la sala professori, il cortile della scuola sempre visto dall'alto, e nient'altro; in nome di una programmatica unità di luogo - il titolo originale è infatti Entre les murs -, si concentra tutta l'azione all'interno di un microcosmo autosufficiente, al di fuori del quale sembra non esserci nulla), dal montaggio veloce e documentaristico, che ritrae le espressioni dei volti e sottolinea  gli accenti emotivi, dalla fotografia povera ed essenziale (esterni di grigiore parigino, interni di sola luce al neon), da una trama scandita dagli eventi dell'anno scolastico, che inizia e finisce quasi senza scopo, senza che nessuno cresca o si evolva, e che non vuole assurgere a metafora di nulla, che non vuole lanciare messaggi o "significare" alcunché: semplicemente, a un certo punto l'anno finisce, qualcuno è promosso e qualcuno no, la classe resta vuota e tutti, alunni e professori, si disperdono. Sembra che non sia successo niente. E invece sono successe un sacco di cose, nei discorsi quotidiani, nelle piccole lotte tra adulti e adolescenti, nei contrasti tra i professori più o meno illuminati.

La cronaca di un anno scolastico come tanti non vuole insegnare niente. Piuttosto, ci è sembrata uno spunto per riflettere - proprio in questi giorni in cui anche in Italia è caldo il dibattito sull'istruzione - sul mestiere degli educatori: del loro ruolo delicatissimo, della loro posizione sociale, dell'autorità e autorevolezza che dovrebbero avere per insegnare (che cosa?) ai nostri figli. Forse se fossimo in grado di descrivere con precisione l'insegnante ideale, e il comportamento che ci piacerebbe che avesse nelle situazioni più varie, avremmo qualche strumento in più per descrivere la scuola che vorremmo. Laurent Cantet, fotografando quest'anno scolastico come tanti, ci aiuta ad iniziare.

 

La Classe [Entre les murs], di L. Cantet
con F. Bégaudeau, F. Keita, R. Régulier, W. Huang, E. Ouertani, N. Amrabt, L. Baquela, C. Bounaïdja
Francia 2008

Tutti i film