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Giornalismo d'annata... o di fantasia? di Ilaria Scala - 3/5/2009 State of Play è un thriller onesto, ben diretto e ben recitato, che regala tensione, colpi di scena e parecchi spunti di riflessione extra-testuali: sull'etica del giornalismo, sull'ascesa dei blog e il declino della carta stampata e sulla conseguente evoluzione dei contenuti dell'informazione, sui rapporti tra giornalismo e politica e sul senso dell'amicizia maschile. Alla base dell'intreccio un fattaccio (idea non nuovissima) che mescola omicidi, sesso, politica e scandali, in cui il giornalista Russel Crowe, bolso trasandato e un po' misogino, indaga per amor di verità e per riabilitare la reputazione del vecchio amico senatore Ben Affleck, sposato alla vecchia fiamma (di entrambi) Robin Wright e vittima di un complotto in cui è rimasta uccisa la sua amante. Nella sua indagine, Russel Crowe si fa affiancare dalla giovane e pura reporter-blogger Rachel Mc Adams, e si scontra più volte con la neo-cinica direttrice (una grande Helen Mirren) del prestigioso quotidiano cartaceo, ormai in crisi di scoop e di vendite: laddove ella spinge per una soluzione facile, veloce e d'impatto, lui oppone e rivendica il valore della verità tutta da approfondire, magari sgradevole e poco vendibile, e lenta ad essere scovata. Alla fine, tutto si scioglie in modo scoraggiante e non scontato. E dell'ennesimo giallo hollywoodiano resta solo il gusto dolceamaro del mistero svelato e il rimpianto per un giornalismo che forse non esiste più, o forse non è mai esistito.
State of Play, di K.
MacDonald |