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Primi piani e tavolate

di Ilaria Scala - 11/04/2010

Ferzan Ozpetek non ha paura dei primi piani.

Li usa per scavare in fondo all'anima dei personaggi. Dei personaggi, non degli attori. E i suoi attori glielo lasciano fare, perchè sono bravi attori, e con i loro sguardi, con le loro rughe, con il fremito delle loro labbra, sanno di poter interpretare (rappresentare? raccontare?) i personaggi che Ozpetek ha creato.

Anche Mine vaganti è un film di primi piani e di anime. E di movimenti di macchina intorno alle persone, alle tavolate, ai sentimenti. Le tavolate di Ozpetek, leit motiv dei suoi film più famosi, simbolo di comunanza ed empatia tra persone diverse (diverse dagli altri, e tra loro), sono qui, invece, teatro dell'ipocrisia, luoghi in cui nascondere la propria vera identità, in cui rinnegare se stessi, autocensurarsi, tacere.

Certo, perchè qui le tavolate non riuniscono persone che si sono scelte, famiglie d'adozione, bensì i componenti di una famiglia tradizionale, meridionale, patriarcale, in cui l'affermazione di sé, che tra amici è data per scontata come premessa di qualunque rapporto, è invece rivelazione odiosa, provocatoria, rivoluzionaria.

Il figlio prediletto (Preziosi) di un piccolo imprenditore (Fantastichini), in una Lecce accecata dal sole e di accecante bellezza, annuncia a tavola di essere omosessuale e viene cacciato con scandalo. Suo fratello (Scamarcio), figliol prodigo trasferito a Roma per inseguire un sogno artistico, avrebbe voluto fare lo stesso giorno la stessa rivelazione, ma è costretto ad ingoiarsela e a prendere in mano la fabbrica, almeno temporaneamente, per non far morire di crepacuore il padre. Ne consegue una commedia degli equivoci con punte di comicità e di dramma, che Ozpetek dirige con mano sicura e pieno controllo dei toni, dal più leggero (esilaranti le scene in cui gli amici romani di Scamarcio, quattro gay molto 'evidenti', in visita nella casa della sua famiglia a Lecce, vengono costretti a fingersi etero, e quindi a trattenere mossette e urletti troppo eloquenti) al più serio (la fiera tristezza della nonna - una splendida Ilaria Occhini - inseguita dai rimpianti e dai ricordi).

E' forse quest'ultimo tema, però, la parte più debole del film. E' un altro leit motiv di Ozpetek, il flash back su una storia del passato parallelo alla trama principale, che solo alla fine del film si chiarisce e svela le sue conseguenze sul presente. Qui, il rimpianto della nonna non è abbastanza forte per spiegare le sue scelte, né per collegarsi alla storia di Scamarcio con la dovuta motivazione. Dal punto di vista filmico, però, è trattato con grande fascino, con la scena finale che raduna in un ballo paesano i protagonisti del presente e del passato, tutti componenti di quell'unica vera famiglia che è la razza umana.

 

Mine vaganti, di F. Ozpetek
con A. Preziosi, E. Fantastichini, R. Scamarcio, L. Savino, E. S. Ricci, N. Grimaudo
Italia 2010

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