libri

 

Il dio, Maxwell Sim e il navigatore alla deriva

di Beppe Giuliano - 19/06/2011

Il dio “doveva avere più o meno la mia età, anche se i capelli erano grigi, quasi bianchi”. Con due figlie “molto carine. La più piccola mi parve sugli otto anni, la più grande sui dodici o tredici... Le bambine erano molto pallide; in realtà tutta la famiglia era pallidissima.”

“Lui si lamentò che avrebbe dovuto rilasciare un sacco di interviste, e mi chiesi se fosse famoso, ma non lo riconobbi.”

Chi parla del dio è Maxwell Sim, raccontando il loro primo incontro, al bar dell’aeroporto. Come avete letto, Maxwell Sim in questo incontro il dio non lo riconosce (succede a molti di noi, vero?).

 

Anche lui, Maxwell Sim, ha più o meno la mia età. Ha quarantotto anni, infatti, nella primavera del 2009, quando lo ritrovano nudo e in coma etilico nella sua auto, nel bel mezzo di una bufera di neve, in una qualche località sperduta della Scozia, con nel bagagliaio dell’auto - una Toyota Prius, la miglior scelta per chi vuole guidare “verde”, pare - due scatoloni pieni di spazzolini da denti ecologici prodotti da una piccola società appena andata a rotoli.

Come sia finito lì, ce lo racconta lui stesso, in prima persona, nell’ultimo libro di Jonathan Coe, I terribili segreti di Maxwell Sim, Ed. Mondolibri, 2010.

 

Maxwell Sim è uno che ha evidentemente toccato il fondo, come si dice, e sta andando alla deriva. Lo aiuta pure la lettura di una lunga lettera che racconta la storia (vera) di Donald Crowhurst, una specie di “libro nel libro” che ci fa conoscere un personaggio assolutamente peculiare.

Donald Crowhurst era, infatti, uno dei concorrenti al primo giro del mondo in solitario con barca a vela, indetto verso la fine degli anni sessanta da un giornale inglese, che mise in palio un montepremi. Partecipò senza grande preparazione, tentò velleitariamente di prendere il mare con un trimarano all’apparenza supertecnologico, nei fatti inadatto alla ventura.

Si perse, navigando al largo della costa africana, inventò una rotta mai percorsa che trascrisse con scrupolo sul proprio diario di bordo, man mano e vieppiù riempito da annotazioni stravaganti, originali, sconnesse, insane, fino alla più probabile - e drammatica - delle soluzioni.

 

Il dio Maxwell Sim lo reincontra molte pagine più in là, a Fairlight Beach in Australia, in un finale beffardo, e crudele, che non vi svelo, dato che il libro del pallidissimo Jonathan Coe merita di essere letto. Anche se si corre il rischio di identificarsi con Maxwell Sim. O con Donald Crowhurst, i due hanno parecchio in comune. O forse questo rischio di identificarsi è un problema mio, attualmente.

 

Qualche sottolineatura da “I terribili segreti di Maxwell Sim”:

...e andai in un negozio che vendeva tavolette di cioccolato a un prezzo esorbitante, tagliate in sottili blocchi eleganti, avvolti in una confezione minimalista: come se i designer della Apple si fossero consacrati ai dolciumi... Avevo appena barattato venticinque sterline con due tavolette di cioccolato. Cominciavo a dimenticare il valore delle cose, come tutti gli altri?

“Eh già! Avremmo voluto, avremmo dovuto, avremmo potuto. Le parole più dolorose del linguaggio.”

(So che per i ragazzi di oggi succede prima, non ci sono dubbi. Il mondo occidentale è talmente permeato dal sesso che la maggior parte dei ragazzi probabilmente ci dà dentro fin dai quattordici anni o giù di lì... Ma la mia generazione era diversa. Noi siamo stati gli ultimi esemplari a sviluppo ritardato.)

 

J. Coe, I terribili segreti di Maxwell Sim
Ed. Mondolibri, 2010

Tutti i libri