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Nostalgia del futuro

di Ilaria Scala - 14/7/2011

Tra la copertina di questo libro e il suo titolo, non so proprio cosa scegliere. Non so quale dei due mi piaccia di più. Cosa tiene accese le stelle, si intitola. E sopra, la foto di una bambina vestita da astronauta, con casco e tuta, gli occhi alzati a guardare una stellata infinita tutt’intorno.

L’ha scritto Mario Calabresi, il direttore de La Stampa. Un giornalista molto serio. Un saggio, dunque. Il titolo e la copertina devono quindi essere metaforici, devono simboleggiare una teoria, un ragionamento, qualcosa che abbia a che fare con la società, il costume, l’attualità. Di certo non rimandano letteralmente al contenuto. Il contenuto di un saggio non potrebbe mai essere così commovente.

E invece. Dopo averlo letto, questo Cosa tiene accese le stelle di Mario Calabresi, non so cosa scegliere tra il titolo, la copertina e il contenuto. È un saggio, eppure commuove. Il titolo e la copertina sono metaforici, ma anche letterali, perché l’ultimo capitolo contiene l’intervista all’astrofisico Giovanni Bignami, che spiega perché le stelle fanno luce, e che dice che sono già nati i bambini che da grandi andranno su Marte. Marte è vicino, possiamo andarci, e dobbiamo farlo. Bisogna crederlo possibile, investirci tempo soldi energie, e ci arriveremo. Secondo Giovanni Bignami, è assolutamente necessario.

Il libro è una raccolta di interviste a personaggi più o meno noti, che parlano del passato e del futuro. A uomini e donne più o meno giovani, che raccontano le loro esperienze e conoscenze, concludendone tutti, sempre, che dovremmo avere più nostalgia del futuro.

Calabresi ha deciso di scrivere questo libro stimolato dalle centinaia di lettere ricevute in redazione, tutte all’insegna del leit motiv “Quanto si vive male in questo paese, quante poche speranze per le nuove generazioni, quanto si stava meglio quando si stava peggio.”

Con apparente obiettività intellettuale, Calabresi ha intrapreso la sua analisi, da bravo giornalista, andando a chiedere in giro, per scoprire se fosse vero o no. Ha chiesto in giro se fosse vero che si stava tanto meglio prima, e se fosse vero che non c’è più speranza. Ha scoperto che la risposta a entrambe le domande è no, e lo dimostra con tanta efficacia che, nonostante guardandosi intorno tutto lascerebbe pensare il contrario, nonostante le ondate di negatività siano talmente potenti e accoglienti da travolgerci quotidianamente, val proprio la pena di leggere questa favola fino in fondo, e commuoversi, e crederci, e darsi da fare per renderla vera se per caso non lo fosse del tutto.

Perché i testimoni elencano tutti i motivi – scientifici, sociali, storici – per cui il progresso ha realmente migliorato le nostre vite. Sono invenzioni (la lavatrice), statistiche (il numero di morti ammazzati nell’anno, ogni 100.000 abitanti: 3,19 nel 1911, 1,04 oggi; la percentuale di leucemie infantili mortali: 100% negli anni '60, meno del 20% oggi; il numero di bambini che non arrivano al primo anno di vita: 58.000 nel 1950, meno di 2.000 oggi), consuetudini (telefonare a chiunque dovunque, senza file e senza gettoni; scrivere senza carta e penna).

E perché i testimoni raccontano la storia di chi ce l’ha fatta: di chi ha perseverato quando tutto e tutti lo scoraggiavano, di chi è guarito a dispetto delle diagnosi più terribili, di chi ha insistito per cambiare le cose, di chi non ha mollato, di chi ha sognato ancora quando tutti gli altri avevano smesso, o avrebbero smesso al posto suo.

C’è ancora molto da fare, dicono tutti gli interpellati. Ebbene, che aspettiamo?

 

M. Calabresi, Cosa tiene accese le stelle
Strade Blu. Non fiction, Mondadori, Milano 2011

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