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Noblerot, decomposizione nobile

di Beppe Giuliano - 8/3/2005

Questa è la storia di un film mai girato che doveva essere ambientato fra i vigneti del nord della California, oltre vent’anni prima del celebrato (e qui recensito) Sideways.

È anche la storia degli ultimi giorni di un grande attore destinato a morire giovane.

Jay Sandrich, dal 1970 al 1977 regista della fortunatissima serie televisiva 'Mary Tyler Moore Show', aveva letto le 116 pagine della sceneggiatura di ‘Sweet Deception’. Si trattava di una commedia romantica in cui un giovane onesto e ingenuo porta un nuovo vino californiano a una gara di degustazione, si innamora, resta implicato in un traffico di diamanti e alla fine trionfa, conquistando vino, diamanti e la donna. (1)

Sandrich pensava, per il protagonista, a un Cary Grant o a un Jimmy Stewart in versione aggiornata: propose la parte a Chevy Chase che rifiutò.

Jay Sandrich ricevette una telefonata del suo agente, Michael Ovitz: «Che ne diresti di John Belushi?»

«Arrivederci», rispose Sandrich.

Sandrich sapeva dei problemi con la droga di Belushi. Andò a vedere Chiamami aquila e si sedette accanto allo schermo per poter controllare bene gli occhi di John.

Erano limpidi.

Il film era piuttosto brutto, ma il fascino di John aveva soltanto bisogno di essere imbrigliato per esprimere appieno il suo grande potenziale di attore. Aveva ereditato da Brando una qualità: lo sguardo cadeva naturalmente su di lui e ci restava.

 

Il film venne proposto a Michael D.Eisner, trentanovenne presidente della Paramount.

Non mi suona bene, disse Eisner; la sceneggiatura, Belushi e Sandrich era un insieme molto strano.

 

John lesse la sceneggiatura e disse che l’avrebbe interpretato se Don Novello (che accetterà) o Alan Zweibel l’avessero riscritta.

John e Judy [la moglie di Belushi, ndr] cenarono con Novello e sua moglie Kathy. [...] Novello disse che la sceneggiatura era una scatola di vermi e che non riusciva a credere che ci fosse qualcuno che volesse fare un film così. Non era divertente e c’erano un sacco di cose senza senso. [...] A John non importava. Sarebbe stato il loro film; l’avrebbero controllato loro, riscrivendone la sceneggiatura e facendo la supervisione del cast, di ogni dettaglio della produzione.

 

Le riprese sarebbero dovute incominciare ad aprile del 1982 e Belushi volò in California il giorno 8 di gennaio. Alloggiava al Chateau Marmont. A fine gennaio i Belushi e i Novello ripartirono per San Francisco.

John voleva soprattutto girare la regione vinicola e imparare tutto sull’uva, i vigneti, la selezione, l’imbottigliamento, l’invecchiamento, la degustazione e come andava bevuto il vino. Doveva essere tutto reale.

Una sera un amico di Novello portò un grammo di coca da dividere tra tutti. John riesce a controllarla, adesso, disse Novello. Judy si sentì male.

Martedì 2 febbraio i Belushi e i Novello andarono nella regione di Sonoma per visitare i 40 acri di vigne del Remick Ridge Ranch, di Tommy Smothers, uno dei due Smothers Brothers. Tommy li guidò per i vigneti e diede loro tutte le informazioni tecniche che desideravano. La conversazione volse poi sui vini migliori. Qual era il segreto?

Stranamente, spiegò Smothers, il vino migliore veniva dalle uve che erano state attaccate, magari anche una volta soltanto, da una muffa chiamata “botrytis”. Quella muffa aggiungeva una nota dolce impossibile da ottenere diversamente. La decomposizione – quella punta di putrefazione – dava il vino migliore, per questo la chiamavano “noblerot”, decomposizione nobile.

«Ecco!» esclamò John. Avrebbero ribattezzato il film ‘Noble Rot’.

 

Verso la fine di febbraio John tornò a New York con la sceneggiatura cui faticosamente, fra un eccesso e l’altro, lui e Novello avevano lavorato.

Alla Paramount, dopo settimane di attesa, Jay Sandrich prese una copia della sceneggiatura, si chiuse nell’ufficio e incominciò a leggere.

[...] Sandrich ricordava che ‘Sweet Deception’ incominciava al terminal TWA del Kennedy Airport, quando il protagonista David Reed, “un tipo semplice ed onesto”, incontrava Christine Walsh.

La sceneggiatura nuova diceva “California del nord – una bella giornata di sole”, mentre la polizia faceva entrare non David Reed, ma Johnny Glorioso, “abiti stazzonati, barba lunga di quattro giorni e manette”. Il padre paragonava il figlio al fungo, il “noble rot”, che crea il vino migliore.

[...] Continuò a leggere sempre più stupito. L’etichetta del vino aveva per simbolo il teschio e il fulmine! Più volte si parlava di droga. Sandrich non rideva. Non gli piaceva il protagonista; non era minimamente romantico. E la donna era odiosa: dura e manipolatrice.

[...] C’erano auto veloci, limousine, mercedes, si parlava di morte e degli amici di Belushi: Keith Richards, Hugh Hefner, Robert De Niro.

Alla fine Christine ingannava Johnny e Johnny la ingannava a sua volta e si impossessava dei diamanti. Non esisteva più la commedia, il romance, l’avventura.

[...] «Forse non lo farò, questo film», disse Sandrich.

[...] A Los Angeles, il giorno seguente, Michael Ovitz lesse la sceneggiatura con apprensione. Era orribile e rifletteva l’atmosfera sballata in cui ovviamente era stata scritta. E Ovitz, il venditore, era consapevole del fatto che il manoscritto non rispondeva a ciò che John aveva promesso alla Paramount e a Eisner.

[...] A Los Angeles, Michael Eisner studiò attentamente ‘Noble Rot’. Era indignato. I suoi studi non avrebbero fatto un film simile. Telefonò a Ovitz. Con Mike poteva parlare sinceramente e fu contento di sapere che anche lui considerava quella sceneggiatura una vera cagata.

 

John si trattenne a New York sino all’inizio di marzo, prima di tornare in California a cercare di salvare il film. Quei pochi giorni a casa, nonostante la presenza della moglie Judy, non rallentò il ritmo.

Nel pomeriggio si svegliò tossendo e chiese a Judy che cosa avesse, secondo lei, che non andava.

Guarda in che stato ti sei ridotto. Parlava come se stesse affogando e sputava sangue.

«Non la controllo più», disse. Era per metà una domanda e per metà un’affermazione.

Sì.

«Non la controllo più!» Poi si addormentò per alcune ore.

«Che cosa ho preso?» chiese. «Eroina?»

Per un istante a Judy la cosa parve buffa e scoppiò a ridere. Anche John rise. Il solo pensiero li turbava troppo. Judy sapeva che John aveva dell’eroina una visione romantica – la grande proibita, la droga dell’ultima risorsa.

 

Belushi tornò in California il primo marzo dell’82 e quello stesso giorno conobbe Catherine Smith, trentacinquenne ex-groupie, spacciatrice ed eroinomane (era riuscita a ridurre il consumo dai 500 dollari del periodo di benessere ai 25 cui la costringeva la difficoltà economica del momento). Sarà lei a bucarlo numerose volte nei giorni successivi (già il giorno 2 iniettandogli coca notò che John aveva bisogno di dosi più elevate – molto pericoloso, pensò).

John incontrò una prima volta Eisner, che cercò di convincerlo a non fare ‘Noble Rot’ spostando il pattuito compenso di 1.850.000 dollari su The Joy of Sex che avrebbe dovuto essere diretto da Penny Marshall.

John ascoltò pazientemente e poi passò a difendere ‘Noble Rot’. Tirò fuori le carte geografiche della regione vinicola e parlò delle riprese in esterni. Eisner era sorpreso che qualcuno cercasse di convincerlo a fare un film con carte geografiche alla mano.

John venne a sapere che The Joy of Sex era la barzelletta di tutta la Paramount, una sceneggiatura orribile da cui i dirigenti cercavano di ricavare qualcosa.

Pensò anche di girare un film punk: aveva scritto la sceneggiatura con Tino Insana l’estate precedente e decise di passarlo a prendere in limousine per lavorarci. Doveva interpretare un dirigente delle relazioni pubbliche trentatreenne, Steve, che conosceva una donna, Cheri, e un musicista punk, Johnny Chrome, diventando a sua volta un punk con i capelli tinti di azzurro. Pensava di inserire una scena cruciale in cui Steve si lascia convincere da Johnny Chrome a bucarsi.

Per rendere la cosa più credibile, John voleva bucarsi veramente davanti alla macchina da presa. (…) Insana era inorridito, Judy arrabbiata.

John, con Insana, andò in un locale dove avrebbe dovuto incontrare nuovamente Eisner, accompagnato dalla moglie Jane, per parlare del film su cui piazzare il contratto milionario. L’incontro si rivelò infruttuoso e Belushi sembrò di buon umore solo assistendo alla replica di una vecchia puntata del ‘Saturday Night Live’, il programma televisivo che l’aveva lanciato.

Jane Eisner trovava la situazione di John incredibilmente triste. «Mi sembra di avere appena visto ‘Il viale del tramonto’», disse riferendosi al classico del 1950 in cui Gloria Swanson recitava la parte di un’anziana diva del muto che viveva soltanto per guardare le repliche dei suoi vecchi film.

Eisner le disse che la carriera dell’attrice era finita, invece quella di John era in pieno svolgimento.

[...] «‘Il viale del tramonto’, lascia che te lo dica», insistette Jane Eisner, «è lo spettacolo che abbiamo appena visto.»

 

Il coroner Noguchi situò l’ora del decesso tra le 10.15 e le 12.45; l’investigatore del coroner notò numerosi segni d’ago all’interno di entrambi i gomiti e il medico pensò che non poteva trattarsi d’altro che di overdose.

John Belushi morì il 5 marzo 1982; aveva trentatré anni.

Il film, Noble Rot o Sweet Deception come originariamente si chiamava, non venne mai girato.

 

(1) Questo e gli altri testi in corsivo sono tratti da Chi tocca muore – La breve delirante vita di John Belushi di Bob Woodward, edito da Frassinelli

  

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