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Alla fine, l'illuminazione

di Ilaria Scala - 6/1/2006

Ogni cosa č illuminata, di Jonathan Safran Foer, č stato pubblicato da Guanda nel 2002, e da allora č alla quarta edizione.

Nel 2005 ne č stato tratto un film diretto da Liev Schreiber e interpretato da Elijah Wood.

Difficile raccontarne la storia, anche perchč sono tre storie parallele, intrecciate dal filo della memoria e caratterizzate da tre diversi stili narrativi: la Saga, con l'epopea di un villaggio ucraino e della comunitā ebraica che vi abita, dalla fine del '700 al massacro da parte dei Nazisti nel 1941; il Racconto di Viaggio (e di Formazione), con il diario accorato e ironico del giovane ucraino Alex, che, a 50 anni dal massacro, accompagna il coetaneo Jonathan, trapiantato in USA, a cercare colei che nel 1941 salvō la vita a suo nonno; il Romanzo Epistolare, collante di tutto, con le lettere che Alex scrive a Jonathan, dopo il ritorno in patria di quest'ultimo, per raccontargli gli ulteriori sviluppi delle ricerche e tentare di mantener viva un'amicizia forse impossibile.

Il diario e le lettere sono scritte in un inglese incerto e fantasioso, che trasuda entusiasmo e voglia di comunicare in una lingua tanto diversa dalla propria (merita una citazione il traduttore Massimo Bocchiola, per la potenza di alcune trasposizioni semantiche), e ricorda Il giovane Holden per ingenuitā ed efficacia. La saga, per contrasto, alterna toni eroici ed intimistici, riporta detti e leggende popolari, iscrizioni, frammenti di cronache del villaggio ("Il libro degli antecedenti"), premonizioni, fantasmi, sogni ricorrenti, e ricorda La casa degli spiriti della Allende per la contrapposizione tra ferocia umana e grazia soprannaturale.

Ne risulta un magma imperfetto, eterogeneo, vivido, ricco di dettagli magici che si rincorrono da una pagina all'altra, da un secolo all'altro, senza alcun ordine o logica apparente.

Solo alla fine, ogni cosa č illuminata.

 

J. S. Foer, Ogni cosa č illuminata
Guanda Editore, Collana Narratori della Fenice, Parma 2002

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